Peso economico vs peso politico delle regioni a Nordest


Sondaggi - domenica 2 Aprile, 2017

Il territorio ha assunto, negli ultimi anni, un’importanza crescente nella discussione pubblica e politica. E il Nordest è stato, dalla seconda metà degli anni ’90 fino a pochi anni fa, sicuramente al centro di un’attenzione particolare: fra le aree più scandagliate, analizzate e discusse non solo in ambito nazionale. Ciò è accaduto per il concorrere di un insieme di aspetti. Sicuramente, grazie alle performance economiche, ma anche sociali. Grazie al ruolo dei distretti industriali, ma anche alle capacità di integrazione sociale con l’arrivo dei migranti. Soprattutto, il Nordest ha anticipato e imposto sul piano nazionale il tema della centralità del territorio e del suo capitale sociale, della sussidiarietà e del federalismo nello sviluppo di una realtà. Poi sono arrivati i processi di globalizzazione che hanno amplificato il ritorno alla categoria del territorio. Le nuove tecnologie ci connettono col mondo, i sistemi produttivi si localizzano oltre i confini originari e allungano le proprie reti prescindendo dalle frontiere, la finanza non ha barriere, le migrazioni spostano porzioni di intere popolazioni: osservando simili fenomeni, si può ben dire che stiamo diventando un “grande caseggiato globale”.

Nella costruzione (inconsapevole) di questo nuovo “condominio”, però, si alimenta anche un sentimento di spaesamento, di perdita di riferimenti tradizionali: c’è bisogno, quindi, nello stesso tempo di ancorarsi alle proprie radici, alle identità sociali del proprio territorio originario. Più spesso non in modo alternativo: nel contempo desideriamo essere aperti al mondo e cerchiamo di ancorarci alle nostre radici. Anche la politica, e non solo quella nostrana, sta riscoprendo l’importanza del territorio, seppure con grande fatica. La metamorfosi dei partiti avvenuta nei decenni scorsi ha portato alla perdita di rilievo della loro presenza territoriale: alla scomparsa e irrilevanza dei circoli nelle società locali, si è sommato un inviluppo nelle dinamiche interne delle logiche dell’azione politica, che hanno fatto smarrire – come si usa dire – il contatto con la realtà. Di qui, l’invocazione allo stare in mezzo alla gente, a tornare sul territorio, almeno in modo visibile, a cercare nuove interlocuzioni con i diversi soggetti sociali. Lo stesso mondo produttivo, poi, sta scoprendo la centralità del territorio come fattore di competitività. Non si tratta solo delle buone performance dei distretti industriali, come sottolineato anche dall’ultimo rapporto del Monitor del Centro Studi di Intesa Sanpaolo. Ma anche dell’importanza che esso ha nel raccontare i prodotti, nel valore aggiunto che assumono le tradizioni e il brand territoriale nell’affermare le nostre produzioni su scala globale, come dimostra il successo del Made in Italy. Dunque, il territorio nelle sue diverse accezioni diviene centrale, paradossalmente, nelle dinamiche globali. Quanto esso sia importante e quale peso abbia non si misura solo sotto il profilo economico, ma anche dal punto di vista della percezione che la popolazione ha del luogo in cui vive. In questo senso, l’ultima rilevazione di Community Media Research ha esplorato quale fosse il peso che la popolazione del Nordest assegna alla propria regione sotto due versanti: economico e politico. Ne scaturisce una geografia delle tre regioni distonica. Innanzitutto, osservando il peso economico percepito, il Veneto (89,1%) è l’unica delle regioni nordestine a conquistare il podio delle prime tre posizioni collocandosi al secondo posto dopo la Lombardia (94,6%) e prima dell’Emilia Romagna (86,8%). Più attardate incontriamo il Friuli Venezia Giulia (9° con il 17,6%) e il Trentino Alto Adige (12° con il 14,3%). Dunque, il Nordest viaggia a più velocità non solo nei dati economici, ma anche nella percezione della popolazione, con un Veneto in ruolo trainante, mentre seguono più lentamente le altre due regioni.

La graduatoria territoriale muta quando si passa a considerare il peso politico. Detto di un valore medio nazionale assai più basso (33,2%) rispetto a quello economico, assistiamo a uno slittamento che coinvolge intuitivamente in misura maggiore alcune regioni del Centro e del Nord. Il podio è conquistato dalla Toscana (82,4%), seguita dall’Emilia Romagna (69,4%) e dal Lazio (68,8%), ovvero le principali regioni di provenienza dei ministri dell’esecutivo Gentiloni (e Renzi prima), oltre alle attuali figure di spicco dell’arena politica odierna. Le tre regioni del Nordest si collocano al di sotto della media, ma con qualche differenza significativa. In 7° posizione troviamo il Friuli Venezia Giulia (29,4%) con un peso percepito ben più elevato rispetto alla dimensione economica, attribuibile in buona misura al ruolo nazionale nel PD giocato dalla Presidente della Regione Serracchiani. Il Veneto è al 9° posto (21,7%) e in posizione nettamente asimmetrica rispetto al ruolo economico riconosciuto. Il Trentino Alto Adige si situa all’11° scalino (11,5%) in una posizione di quasi marginalità politica sullo scacchiere nazionale.

Dunque, simili esiti inducono a sottolineare come non esista, nella percezione della popolazione, una sovrapposizione netta fra il peso economico attribuito alle regioni e quello politico, in particolare per le realtà produttive più dinamiche come quella del Veneto. Come se si registrasse un disallineamento fra ruolo dell’economia e rappresentanza politica sul piano nazionale. Non è un tema nuovo, a ben vedere. L’asimmetria fra dimensione economica e importanza politica sul piano nazionale non si è più colmata da dopo il ’92, nonostante le rare presenze di figure politiche nordestine fra i ministri. Tuttavia, la faglia insiste anche all’interno dello stesso Nordest, nella sua rappresentazione complessiva, ammesso e non concesso sia ancora possibile. Sparpagliato, periferico, marginale sono solo alcuni degli aggettivi risuonati recentemente su un Nordest che negli indicatori ha perso la peculiarità d’un tempo. Con un rischio, però: confondere la rappresentazione (politica e associativa) di un territorio, con le dinamiche (sociali ed economiche). Ricordando che la periferia è il luogo della sperimentazione, allora bisogna osservarla da vicino con attenzione, in modo articolato, per narrarla realisticamente e dare il giusto valore. Per assottigliare anche la frattura fra rappresentazione sociale e rappresentanza politica.

Daniele Marini

 Nota metodologica

Community Media Research, in collaborazione con Intesa Sanpaolo e Cassa Risparmio del Veneto, realizza l’indagine che si è svolta a livello nazionale dal 18 ottobre al 4 novembre 2016 su un campione rappresentativo della popolazione residente in Italia, con età superiore ai 18 anni. Gli aspetti metodologici e la rilevazione sono stati curati dalla società Questlab. I rispondenti totali sono stati 1.566 (su 12.785 contatti). L’analisi dei dati è stata riproporzionata sulla base del genere, del territorio, delle classi d’età, della condizione professionale e del titolo di studio. Il margine di errore è pari a +/-2,5%. La rilevazione è avvenuta con una visual survey attraverso i principali social network e con un campione casuale raggiungibile con i sistemi CAWI e CATI. Documento completo su www.agcom.it e www.communitymediaresearch.it.